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Quanto sono importanti le esperienze internazionali?

I fattori che muovono un recruiter

Nel processo di ricerca e selezione del personale i fattori che entrano in gioco nell’individuazione del candidato perfetto sono moltissimi. Le competenze, i titoli di studio, le soft skills, l’atteggiamento durante il colloquio, le referenze… c’è però un elemento che per lungo tempo è stato in secondo piano e che adesso sta acquisendo un’importanza fondamentale nelle decisioni finali di un’agenzia di selezione del personale o di un’impresa: come alcuni di voi avranno forse già intuito, parlo delle esperienze internazionali. Ma perché un’agenzia di selezione del personale dovrebbe pensare che una risorsa che ha studiato oppure lavorato all’estero abbia quel qualcosa in più rispetto ad un collega ugualmente preparato? Ecco, oggi voglio spiegarvi il perché sempre più cacciatori di teste e recruiter premiano le esperienze internazionali rispetto ad altri fattori più tradizionali.

Contano più i titoli oppure l’esperienza?

Per prima cosa, prima di parlare dell’importanza delle esperienze internazionali, voglio fare una premessa generale: in molti casi, per un’agenzia di selezione del personale, conta più l’esperienza lavorativa degli studi effettuati. Nello specifico, con l’avanzare di una carriera, il voto di laurea perde via via importanza: dopo dieci anni di lavoro, infatti, non sarà tanto un diploma da ingegnere con una valutazione di 110 a contare, quanto invece i risultati raggiunti nelle ultime mansioni. Questo vale ovviamente per tutte le esperienze lavorative, effettuate sia in Italia che all’estero. Non sempre il primo della classe, dunque, è il candidato vincente: anzi, soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese nel privato, è fondamentale saper guardare al di là dei parametri tradizionali. In altri casi – penso per esempio alle grandi società di consulenza – invece, il 110 è un requisito necessario per poter essere presi in considerazione da un’agenzia di selezione del personale, e talvolta nemmeno quello è sufficiente. Quella che ci vuole in questi casi, infatti, è anche un’esperienza di studio o di lavoro all’estero.

L’esperienza internazionale

Ma perché dunque un’azienda dovrebbe preferire delle risorse con delle esperienze all’estero? Perché questo alito di internazionalizzazione dovrebbe giovare alla sua produttività? Ebbene, chiunque lavori in un’agenzia di selezione del personale sa benissimo quanto un’esperienza di studio o di lavoro all’estero possa influire positivamente sia sulla formazione culturale che sull’impostazione mentale di una risorsa, la quale a sua volta potrebbe giovare all’intero team lavorativo. Nel mio lavoro di head hunter ho incontrato molte volte dei giovani che, pur non potendo vantare dei voti di laurea particolarmente brillanti, hanno saputo colmare il gap con i colleghi che hanno ottenuto punteggi più alti e anzi superarli proprio grazie alle abilità acquisite durante un’esperienza all’estero. Quali sono dunque i motivi specifici per cui un’agenzia di selezione del personale finisce spesso per scegliere – magari a parità degli altri fattori – il candidato con un passato internazionale?

Sei motivi per cui un’agenzia di selezione del personale sceglie un candidato con esperienza internazionale

Parla fluentemente una o più lingue straniere

Il primo motivo è anche quello più banale: chi ha studiato o ha lavorato all’estero per un sufficiente periodo ha molto probabilmente potenziato concretamente le proprie competenze linguistiche. La conoscenza di almeno una lingua straniera, come è noto, è un fattore che un’agenzia di selezione del personale richiede come obbligatoria praticamente in qualsiasi tipo di occupazione. Nel concreto, utilizzare correntemente una o più lingue straniere a livello professionale è un elemento differenziante che aiuta a sviluppare tutte le conoscenze per competere al meglio sul mercato del lavoro.

Sa lavorare in un team multiculturale

L’importanza del lavoro di squadra è indubbia: per raggiungere i più alti obiettivi, l’interazione e la collaborazione all’interno di un team aziendale devono attestarsi ai massimi livelli. Per questo motivo, poter contare su delle risorse capaci di lavorare in un team multiculturale può favorire lo sviluppo di una comunicazione più efficace, in un contesto lavorativo in grado di usare a proprio vantaggio i differenti background culturali.

Ha la mente aperta

Proprio così: l’apertura mentale è un tratto distintivo di chi ha vissuto  all’estero, e chi lavora in un’agenzia di selezione del personale lo può confermare, avendolo più e più volte verificato in fase di colloquio. Come diceva del resto l’antropologo Ernesto De Martino, «solo chi ha un villaggio nella memoria può avere un’esperienza cosmopolita». Più nello specifico, come ha dichiarato il sociologo William Maddux in uno studio pubblicato sulla rivista Social Psychological and Personality Science, «studiando all’estero le persone sono in grado di pensare in maniera più complessa e creativa e di conseguenza hanno più possibilità di avere successo nel mondo del lavoro».

Per forza di cose, infatti, un candidato che ha lavorato all’estero è maggiormente disinvolto nel confrontarsi con altri tipi di culture: la sua tolleranza è probabilmente maggiore, così come anche la sua capacità di relazionarsi in modo costruttivo. Queste skills possono dunque essere utilissime per migliorare le dinamiche all’interno di un’azienda votata all’internazionalizzazione e all’innovazione.

Ha una più ampia visione d’insieme

Chi ha passato tutta la propria carriera in un hortus conclusus ha concrete difficoltà nel contestualizzare il proprio operato in una dimensione più ampia. Un’agenzia di selezione del personale si ritrova invece a premiare un candidato con delle esperienze all’estero in quanto i suoi trascorsi lo aiutano ovviamente a sviluppare una visione globale.

È maggiormente orientato alla crescita

Come afferma Maddaux, «generalmente, le persone che hanno vissuto un’esperienza in ambito internazionale sono in grado di risolvere i problemi più velocemente e dimostrano un senso creativo più spiccato». Lavorare all’estero, infatti, oltre a stimolare la curiosità, aiuta anche a sviluppare le attività cognitive: tutti questi stimoli portano naturalmente la mente umana a mettersi spontaneamente in gioco. Sul lato professionale, dunque, queste persone risultano più propositive.

È più autonomo ed intraprendente

L’aver lavorato o studiato all’estero indica il desiderio di affrontare in autonomia nuove sfide ed esperienze, il che rende questo tipo di candidati più appetibile per le aziende: i candidati perfetti infatti devono essere sufficientemente sicuri di sé, capaci di mettersi in gioco e di cavarsela con le proprie mani.

Conclusione

Da una parte, la globalizzazione del mercato del lavoro ha reso possibile la costruzione di vere e proprie carriere internazionali. La crisi economica, dall’altro lato, ha spinto molti italiani a cercare fortuna all’estero. Oggi sembra di vedere piuttosto nitidamente la luce in fondo al tunnel, e per questo i più dinamici imprenditori italiani non devono lasciarsi sfuggire l’opportunità di riagguantare i talenti in ritorno dall’estero.

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