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Quali domande fare durante un colloquio di lavoro?

Cosa conosci della nostra azienda, e cosa ti ha spinto alla candidatura? Quali sono i tuoi punti deboli? Quali sono i tuoi punti di forza? Cosa puoi dirmi del tuo attuale o passato posto di lavoro? Pensi di lavorare meglio da solo o all’interno di una squadra? Cosa avrebbe potuto fare l’azienda in cui lavoravi per avere un maggiore successo? Come hai affrontato una situazione di disaccordo con il tuo vecchio datore di lavoro? Come ti descriverebbero i tuoi ex-colleghi? Questi sono tanti esempi di domande da fare durante un colloquio di lavoro, quesiti che di per sé, singolarmente come in gruppo, possono portare il candidato a darci le informazioni che desideriamo per capire se può effettivamente diventare una risorsa a disposizione dell’azienda. Ma conoscere qualche decina di domande da fare durante un colloquio di lavoro non significa affatto essere in grado di condurre in modo efficace una job interview: è bene capire quali quesiti fare, nonché comprendere qual è il fine effettivo di ogni quesito posto.

Come organizzare le domande durante un colloquio di lavoro

Un colloquio di lavoro gestito male si traduce spesso in un processo di selezione non efficace, che non porta a nessuna assunzione oppure che conduce all’inserimento di una risorsa poco adatta. Per questo motivo le domande devono essere preparate con attenzione, in base agli obiettivi reali che si voglio raggiungere durante la job interview. Il colloquio di lavoro non è mai una formalità: prima di contattare i migliori candidati, dopo aver letto il loro curriculum vitae, è necessario sapere quali sono i requisiti minimi che ognuno deve rispettare, e saranno proprio le loro risposte – alle nostre domande – a farci capire se stiamo parlando con la persona giusta. Le domande non dovrebbero mai essere poste “perché lo fanno gli altri” o perché “non saprei cosa domandare” oppure perché “voglio dare un tono professionale al colloquio”. Ogni quesito deve avvicinare un po’ di più il selezionatore alla decisione finale. E non è per nulla facile: non è un caso se sempre più aziende optano per la selezione del personale in outsourcing, affidandosi a degli head hunter professionisti e specializzati nel settore di riferimento dell’azienda.

Le prima domande del colloquio di lavoro dovrebbero essere tese a mettere il candidato a proprio agio, per ridurre il suo livello di stress e permettergli di dare il meglio. Solo successivamente, dopo questa fase preliminare, si potrà passare al colloquio di lavoro vero e proprio, con quesiti incentrati sulle esperienze, sulle competenze, sulle motivazioni e sulle attitudini dell’interlocutore.

Una cosa che molti recruiter improvvisati o poco esperti tendono poi a dimenticare è che, per poter davvero confrontare tra loro i diversi candidati, sarà bene condurre i colloqui in modo coerente: solo ponendo le stesse domande a tutti i candidati sarà effettivamente possibile valutare in modo uniforme le diverse presentazioni. Questo non vuol dire certo che tutte le job interview debbano essere uguali: è però fondamentale che ogni aspetto importante risulti affrontato, in un modo simile, in tutte le interviste.

Quali domande fare durante un colloquio di lavoro? Le tipologie di quesiti

Domande aperte

Nessun colloquio di lavoro dovrebbe fare a meno delle domande aperte, ovvero dei quesiti che lasciano grande libertà di espressione e di movimento al candidato. Grazie a questi assist l’intervistato ha l’occasione di parlare di sé, delle sue esperienze passate, delle sue opinioni e del suo modo di vedere le cose, dando una lunga serie di informazioni utili – direttamente e indirettamente – al recuiter. Un esempio? “Per quale motivo hai deciso di lasciare l’azienda in cui lavori attualmente?”.

Domande chiuse

Al contrario delle domande aperte, i quesiti chiusi non lasciano libertà, richiedendo delle risposte precisi, spesso brevi e secche. Non vanno utilizzate troppo all’interno del colloquio di lavoro, per non limitare lo spazio a disposizione del candidato; il loro utilizzo è quello di avere informazioni precisi o di confermare informazioni già in possesso del recruiter. Un esempio? “Quando potresti iniziare a lavorare per l’azienda?”.

Domande sulle competenze

Il curriculum vitae non dice e non può dire tutto sulle competenze dei candidati. Per questo motivo i nostri head hunter, i quali sono specializzati verticalmente in settori specifici (la nostra società di selezione del personale può contare su cacciatori di teste specializzati nel settore legal, su head hunter verticali sulle vendite, e così via). Possiamo guardare ai quesiti competency-based come alle domande fondamentali di una job interview, ai quesiti che ci daranno la maggiore mole di informazioni utili per prendere la decisione finale. Chiedendo al candidato qual è il suo livello di conoscenza del tale software, o domandando come si è comportato nella gestione di un determinato progetto, potremo raccogliere informazioni precise sulle competenze cercate dall’azienda, nonché sul modo di pensare del candidato.

Quesiti di conferma

Si tratta in questo caso di quesiti fatti dal selezionatore per confermare quanto detto dal candidato o per verificare delle informazioni ambigue. Queste domande fatte in eco alla risposta possono essere preziose anche nel caso in cui il selezionatore sospetti che il candidato abbia “gonfiato” la risposta. Ma non sempre: un recruiter può usare quesiti che iniziano “se ho ben compreso, nella scorsa azienda hai…” anche per confermare l’ascolto attivo delle risposte del candidato.

Domande provocatorie

In certi casi è necessario mettere alla prova il candidato, facendolo uscire anche solo per pochi secondi dalla “comfort zone” creata all’inizio della job interview. Si pensi a un candidato che afferma di essere in grado di lavorare in squadra: si potrebbe domandare se anche i suoi ex colleghi risponderebbero nello stesso modo; o ancora, si potrebbe chiedere in base a quali presupposti un candidato affermi di essere un ottimo leader. Con questi quesiti è possibile verificare le informazioni ricevute, nonché capire come il candidato affronta situazioni di stress o impreviste. L’importante, però, è fare in modo che queste domande “difficili” non vengano vissute come attacchi personali: gestualità e tono di voce devono essere sempre rilassati e sereni.

Vuoi avere la certezza di selezionare i candidati più adatti per la tua azienda, senza sbagliare e senza rubare tempo prezioso al tuo core business? Affidati a dei cacciatori di teste professionisti: i nostri head hunter si metteranno al tuo fianco per individuare i migliori talenti disponibili.

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