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Come valutare il problem solving?

Come valutare il problem solving? Il World Economic Forum ha posizionato più volte il Complex Problem Solving in testa alla classifica delle soft skills più importanti nel campo della ricerca e della selezione del personale. La valutazione del problem solving rientra a pieno titolo nel processo di valutazione delle soft skills complessive di un candidato: in linea di massima un buon recruiter, ancor prima di scrivere un annuncio di lavoro, dovrebbe fare un elenco delle competenze trasversali che dovrebbero essere identificate nel candidato ideale. Queste devono poi essere verificate  a livello di analisi preliminare e soprattutto a livello di colloquio di lavoro, nella consapevolezza che valutare le soft skills è spesso molto più difficile rispetto a valutare le hard skills. É infatti necessario porre delle domande aperte e mirate, ed essere in grado di dare il giusto peso alle risposte che si riceveranno: molto studi dimostrano, va sottolineato, che la maggior parte delle assunzioni sbagliate sono da ricondurre proprio all’errata valutazione delle soft skills. Vediamo quindi come valutare il problem solving, la più ricercata tra le competenze trasversali.

Cosa è il problem solving

Come è noto, quando si parla di soft skills, si fa riferimento a tutte quelle capacità e caratteristiche che non possono essere raggruppate con le competenze tecniche che vengono acquisite nel tempo. Si parla al contrario di abilità e di attributi gestionali, relazionali o cognitivi che sono in buona parte – anche se non totalmente – innate. Il problem solving è come anticipato tra le soft skills più importanti, ma è anche una tra le più difficili da valutare: si fa riferimento nel concreto alle capacità di in individuo di risolvere in modo efficace dei problemi. Un lavoratore con una spiccata capacità di problem solving è in grado di risolvere i problemi in modo rapido, adeguato e definitivo, mettendo in campo un metodo di lavoro che permette di prendere le scelte più efficaci e condivise.

L’importanza della capacità di risolvere problemi

Ogni giorno sul posto di lavoro – dall’ufficio fino al ristorante – si incontrano questioni improvvise e ostacoli da superare. Si capisce quindi che ogni datore di lavoro conta di poter assumere dei collaboratori con la capacità di risolvere in modo efficace questi problemi, senza che ogni imprevisto, piccolo o grande, rischi di rallentare il business. Nel momento in cui all’interno di un team mancano le sufficienti competenze in campo di problem solving si va incontro al moltiplicarsi dei problemi e quindi dei ritardi e degli errori, i quali aumentano ulteriormente nel momento in cui vengono prese delle decisioni avventate o del tutto sbagliate nel tentativo di migliorare la soluzione. La presenza di problemi irrisolti genera inefficienze, cattive prestazioni, malcontenti, conflittualità e via dicendo: si capisce quindi che essere in grado di valutare il problem solving durante il processo di selezione del personale può essere fondamentale per supportare la stabilità e la crescita del business. Vediamo quindi in che modo procedere per comprendere le capacità di problem solving dei candidati durante un colloquio di lavoro.

Come valutare il problem solving: le domande da fare durante un colloquio di lavoro

Per valutare le hard skills ci sono dati concreti da analizzare. Vengono in soccorso del recruiter e dell’head hunter il curriculum vitae con le informazioni sul percorso formativo e sull’esperienza professionale, nonché la presenza di certificazioni e di referenze. Diverso il caso delle caratteristiche personali, più difficili da valutare correttamente: lo strumento più efficace, seppur tutt’altro che semplice da utilizzare, è rappresentato da domande insolite ma mirate, e non tali da destabilizzare il candidato. Un candidato impaurito dalle questioni poste dal recruiter, infatti, non potrà dare il meglio di sé.

Ogni soft skills può essere valutata a partire da domande diverse: vediamo qui alcune delle domande principiali per valutare il problem solving, sapendo che poi, dall’unione delle risposte ricevute, sarà possibile avere una visione affidabile sull’effettiva capacità di candidato di risolvere i problemi, piccoli o grandi, ricorrenti o eccezionali, tali da richiedere un approccio “out of the box”. Alcune domande sono volte a indagare il modo adottato in passato per superare degli ostacoli, altre sono invece mirate a capire i processi cognitivi effettivamente usati per risolvere un problema.

  • Quali problemi hai dovuto affrontare in passato sul luogo di lavoro? Quali processi hai messo in campo per superarli? Hai gestito questa operazione in modo autonomo oppure hai coinvolto dei colleghi?
  • Quali attività innovative ed eccezionali hai messo in campo in passato per risolvere una problematica inaspettata?
  • Quante volte, all’interno di un normale orologio e nell’arco di una giornata completa, le lancette finiscono per sovrapporsi?
  • Come gestiresti, avendo una sola ora di tempo a disposizione, una coda di 800 email non lette all’interno della tua casella di posta elettronica?
  • Non sempre l’approccio che usiamo abitualmente per affrontare delle attività lavorative risulta efficace: talvolta ci si accorge che, per affrontare una determinata attività, sarà necessario cambiare il solito modo di agire. Ti è ancora successo? E se sì, in che modo hai affrontato la cosa?
  • Hai mai avuto dei problemi nella gestione di un cliente? In che modo li hai superati?

Valutare il problem solving di un candidato: comprendere le risposte

Nella valutazione delle soft skill e nello specifico nella valutazione del problem solving, l’individuazione delle domande non è assolutamente la parte più difficile. No, la parte più complessa è senz’altro quella della comprensione e della valutazione delle risposte, che saranno di volta in volta differenti. Ed è proprio questo peraltro uno dei punti fondamentali da tenere in considerazione: il recruiter dovrebbe alzare le antenne nel momento in cui le risposte ricevute da un candidato assomiglino fin troppo a delle affermazioni standard, già sentite, a colpo sicuro. In quel caso sarà necessario formulare dei quesiti del tutto imprevedibili, per obbligare il candidato a ragionare sul posto per dare una risposta spontanea. È poi importantissimo valutare la coerenza tra una risposta e l’altra: nel momento in cui la coerenza verrà a mancare, si sarà probabilmente incontro a un tentativo maldestro di “accontentare” il recruiter alla ricerca di una determinata soft skills, come per esempio il problem solving.

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