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Come cambia la ricerca personale con l’intelligenza artificiale

Più robot = meno occupazione?

L’occupazione è destinata a diminuire con l’ingresso massiccio della robotica e dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? In altre parole, un numero più alto di robot attivi e intelligenti nei vari settori industriali – e non solo – si tradurrà in un numero minore di processi di ricerca personale? Questa domanda negli ultimi anni si è fatto sempre più presente e pressante nel mondo del lavoro, e ora che abbiamo superato lo stupore iniziale di un nuovo tipo di produzione digitalizzato e automatizzato dobbiamo cercare di darle una risposta.

Il pessimismo degli ultimi anni

Di certo questo tipo di domanda non è affatto nuova, anzi: è stato il leit motiv del mondo HR negli ultimi anni, e probabilmente l’incertezza circa i processi di ricerca personale nell’era dell’intelligenza artificiale continuerà a tenere banco anche nel futuro. Eppure è già passata parecchia acqua sotto i ponti da quando sono stati pubblicati alcuni degli studi più allarmistici sul tema dei processi di ricerca personale, come quello di Carl Benedikt Frey e Michael Osborne, che nel 2013 spaventò non poche persone prospettando una possibile diminuzione del 47% dei posti di lavoro negli Usa nel giro di un ventennio. Ma i robot sempre più intelligenti e i software all’avanguardia hanno spinto persino il World Economic Forum a mettere in guardia gli imprenditori, gli industriali e chi si occupa di processi di ricerca personale: nello studio The future of jobs la fondazione ha infatti ipotizzato la perdita di 5 milioni di posti di lavoro tra il 2015 e il 2020 in 13 Paesi industrializzati, Italia compresa. Passata la metà del 2017, possiamo affermare con un certo candore che questo non sta assolutamente accadendo. Che le stime compiute duranti gli anni passati in tema di intelligenza artificiale e occupazione lavorativa siano state davvero troppo pessimiste?

L’AI alza l’asticella dei processi di ricerca personale

Quel che è certo è che gli imprenditori non sembrano affatto pensare che l’IA possa diminuire i processi di ricerca personale. Anzi, la maggior parte degli executive è convinta al contrario che l’intelligenza artificiale avrà invece l’effetto opposto, generando nuovi posto di lavoro. Ad affermarlo è stato il report ‘Turning AI into concrete value: the successful implementers‘ del Digital Trasformation Institute di Capgemini, società internazionale che opera nel settore della tecnologia, della consulenza e dei servizi di outsourcing. Per arrivare a questa conclusione sono stati intervistati in totale 993 manager che hanno già adottato soluzioni di AI, i quali nell’83% dei casi hanno risposto che no, l’intelligenza artificiale non avrà ripercussioni negative sull’occupazione. Anzi, la maggior parte degli intervistati è invece convinta che risulteranno nuovi posti di lavoro, facendo scattare molti nuovi processi di ricerca personale, soprattutto per quanto riguarda ruoli dirigenziali: secondo la loro visione, infatti, due posti su tre saranno riservati a direttori e a manager.

L’ottimismo dell’imprenditoria italiana

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli imprenditori italiani risultano essere tra i più ottimisti: più di 9 su 10 hanno infatti dichiarato che l’intelligenza artificiale non potrà che portare alla creazione di nuovi posti di lavoro. Ma non è tutto qui: a loro avviso ci sarà una netta traslazione verso l’alto dei processi di ricerca personale, laddove l’ipotesi che va per la maggiore vede l’89% delle nuove posizioni di tipo manageriale. Il segreto sembra essere in ogni caso quello di prepararsi per tempo alla trasformazione, istruendo i propri dipendenti prima dell’arrivo delle nuove tecnologie. L’88% degli executive italiani interpellati ha infatti spiegato di aver avviato dei corsi di aggiornamento o delle misure proattive a favore dai dipendenti che potrebbero essere minacciati da questa rivoluzione high tech, laddove all’estero, invece, queste misure sembrano essere state adottate solo dal 71% delle imprese.

I settori che traineranno i nuovi processi di ricerca personale

Abbiamo dunque capito che, stando all’indagine di Capgemini, non solo l’intelligenza artificiale non farà diminuire l’occupazione, ma anzi, la farà aumentare, dando il via ad un’epoca all’insegna della ricerca di dirigenti. Ma in quali settori si attiveranno questi nuovi processi di ricerca personale? Interpretando i dati del report si può legittimamente pensare che nei prossimi anni gli head hunter saranno impegnati nel ricercare nuovi manager soprattutto nei settori della finanza (21%) dell’assistenza ai clienti (20%), della vendita e marketing (19%) e dell’IT (17%).

Non si può ancora affermare che anche, all’infuori del management, il resto dei lavoratori sia altrettanto ottimista: stando al Rapporto Coop, il 70% dei cittadini teme tutt’oggi che i robot possano rubare preziosi posti di lavoro. Questo non significa però che l’intelligenza artificiale sia vista come un evento negativo, anzi: il 61% degli italiani è comunque convinto che questa rivoluzione debba essere considerata come un evento positivo.

Ulteriori conferme oltreoceano

Il pessimismo degli ultimi anni in tema di intelligenza artificiale e  ricerca personale sembra dunque lasciare via via il posto ad una visione più ottimistica, soprattutto per quanto riguarda il management. E le indagini volte ad incoraggiare questa posizione di certo non mancano. Ancora prima di Capgemini ci aveva infatti pensato la società di consulenza internazionale IDC su commissione di Salesforce, gigante californiano del cloud computing: tale studio ha per esempio affermato che nel solo settore del customer relationship management l’introduzione della IA porterà a 800mila posti di lavoro in più da qui al 2021. Soprattutto in determinati settori, dunque, sembra che l’intelligenza artificiale sia destinata ad aprire più posizioni lavorative di quante invece essa stessa provvederà ad eliminare.

Dunque, a quanto pare, il mondo dell’imprenditoria ha smesso di interrogarsi sulla positività o meno dell’intelligenza artificiale: è un cammino positivo e obbligato che, dal punto di vista delle Risorse Umane, va affrontato con concreti programmi di educazione, di formazione e di sviluppo di nuove abilità per permettere ai dipendenti e quindi alle imprese di affrontare in modo sereno e costruttivo le sfide future.

Una delle sfide più importanti, poi, sarà quella di individuare i manager più capaci per guidare questo processo: per affrontare al meglio questa rivoluzione, affidati ad Adami&Associati,  società specializzata nella ricerca e selezione di personale qualificato con sede a Milano che opera in Italia e all’estero.

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