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Dai lavoratori ‘choosy’ in poi: quando si dovrebbe rifiutare un’offerta di lavoro?

Quando è giusto essere ‘choosy’?

Qualche anno fa entrò nel nostro lessico quotidiano il termine inglese ‘choosy‘, ovvero pignolo, schizzinoso, esigente, a definire in modo negativo quei giovani che sembravano voler rifiutare ogni offerta di lavoro nell’attesa della proposta perfetta ed ideale. Ma davvero è sempre e comunque sbagliato essere ‘choosy’? Stando all’opinione diffusa tra i migliori consulenti di carriera, no. Come anche i cacciatori di teste, i career coach lavorano infatti guardando sia al bene dei candidati che a quello delle aziende, e sanno bene che un assunto insoddisfatto al termine di un processo di ricerca personale difficilmente rappresenterà una risorsa di valore per la nuova azienda. Il suo impegno non sarà né sufficiente né convincente, e un rapporto lavorativo iniziato su delle basi così fragili avrà molto probabilmente una breve durata. Per questo, dunque, il compito di un consulente di carriera è anche quello di spiegare ai candidati che sì, in certi casi è meglio – prima di tutto per loro, ma in seconda battuta anche per le aziende – rifiutare un’offerta di lavoro.

La ricerca del personale è una strada a due sensi di marcia

Insomma, il consiglio di un consulente di carriera è quello di mettere a tacere una volta per tutte quell’assillante senso di colpa che porta i candidati a pensare che è assolutamente necessario accettare qualsiasi offerta di lavoro venga offerta, perfino in questo periodo in cui la disoccupazione giovanile si mostra a livelli invariabilmente preoccupanti. Il processo di ricerca personale è una strada a doppio senso: da una parte un datore di lavoro – o un cacciatore di teste in sua vece – cerca un lavoratore con determinate competenze e capacità; dall’altra un professionista cerca uno specifico impiego in un certo tipo di realtà lavorativa. Può dunque succedere che un’azienda individui il candidato perfetto in un professionista che, al contrario, è alla ricerca di qualcos’altro, ritrovandosi così nella difficile situazione di dover rifiutare un posto di lavoro. Ma in quali occasioni si dovrebbe rifiutare un’offerta di lavoro?

I consigli dei migliori consulenti di carriera

I segnali che devono far drizzare le orecchie ad un candidato possono essere tantissimi: un tasso di turnover troppo alto, tante lamentele in rete da parte degli ex-dipendenti, l’eventuale andamento negativo delle azioni dell’azienda, tutto questo deve essere preso in considerazione prima di accettare un’offerta di lavoro. I migliori consulenti di carriera lo sanno molto bene: un’impresa sulla via del tramonto è ovviamente una scelta sbagliata per qualsiasi lavoratore, ma ci sono invece altri casi in cui la miglior scelta per un candidato potrebbe rivelarsi completamente errata per un altro. Qualcuno, nel corso del colloquio di selezione del personale, potrebbe per esempio accorgersi di non essere assolutamente in linea con la filosofia della nuova azienda: un elevato livello di competitività interna o al contrario un atteggiamento eccessivamente supino, o magari la totale mancanza di rispetto per l’ambiente… accettare un’offerta da parte di un’azienda che agisce esplicitamente in modo contrario al proprio modo di pensare, considerando tutte le ore che si dovranno passare al suo interno, può essere un errore fatale. Le aziende, da parte loro, hanno poi tutto l’interesse nel ricercare dei professionisti in grado di condividere in pieno la propria missione e la propria cultura aziendale.

Gli errori che nessuna delle migliori agenzie di selezione del personale potrebbe fare

Lo stesso processo di ricerca e selezione del personale, inoltre, può fornire delle informazioni interessanti su quello che sarà il modus operandi dell’azienda. In altre parole, il processo di selezione la dice lunga su come funziona un’organizzazione: una gestione imprecisa non può essere in alcun modo un buon biglietto da visita, e i candidati non possono che cogliere questi segnali per giudicare di conseguenza. Ovviamente nulla di tutto questo può accadere affidando il compito di trovare un nuovo professionista alle  agenzie di selezione del personale, ma molte PMI presentano ancora tantissimi problemi in fase di selezione, portando talvolta i candidati a rifiutare un’offerta di lavoro che magari, con un altro approccio, sarebbe potuta essere accettata di buon grado.

Ma quando un lavoratore può intuire già alla fase dei colloqui che quel matrimonio professionale ‘non s’ha da fare, né domani, né mai’? Di certo quando i colloqui, invece di essere due o tre, diventano sei o sette, la serietà dell’impresa non può che risultare compromessa: per questo motivo i recruiter professionisti non eccedono mai nel numero dei colloqui, salvaguardando il tempo dei candidati e ovviamente anche le risorse delle aziende. Un altro segnale da non sottovalutare, poi, è quello di ricevere la telefonata da parte dell’impresa diversi mesi dopo il colloquio di selezione: in un mondo in cui ogni impresa è chiamata a prendere decisioni importanti in tempi brevissimi per poter competere e poter così sopravvivere nel proprio mercato, un tale ritardo non può che generare dei dubbi nel candidato. Certo, le scusanti dell’azienda possono essere molte: forse un primo candidato si è ritirato dopo un periodo di prova, o forse la stessa impresa ha deciso di allontanarlo. In ogni modo, le probabilità che un professionista accetti di buon grado un’occupazione dopo svariati mesi dal colloquio sono spesso piuttosto basse.
Lo stesso colloquio, inoltre, può essere un momento fertile di suggestioni per un candidato che in passato, magari, ha avuto a che fare con le migliori agenzie di selezione del personale: un colloquio non condotto in modo professionale, iniziato magari con un buon ritardo sulla tabella di marcia, è sinonimo di scarsa serietà. La prima impressione, come non smetteranno mai di sottolineare i career coach, è spesso quella che conta, e lo è sia per i candidati che per le imprese.

 

 

 

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