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Employee Onboarding Experience: solo il 12% delle aziende fa un buon lavoro

Mai sottovalutare l’importanza di una buona Employee Onboarding Experience. Questo passaggio può fare la differenza sul futuro rapporto tra dipendente e azienda. Un processo di onboarding strutturato male o poco efficace può pregiudicare del tutto questo rapporto, portando il nuovo assunto non solo a essere meno produttivo, ma anche a lasciare precocemente il posto appena conquistato. Una Employee Onboarding Experience di qualità, invece, può aiutare a massimizzare le performance, la produttività e la felicità del dipendente, tanto da farlo rimanere a lungo in azienda. Dall’incremento dei risultati alla riduzione del turnover in azienda, quindi, la Employee Onboarding Experience ha un’importanza altissima: vediamo cosa dicono le statistiche e come fare per migliorare questo passaggio.

Employee Onboarding Experience: che cosa è?

Cosa è l’Employee Onboarding Experience? Si tratta di quel momento magico in cui i dipendenti appena assunti decidono di rimanere coinvolti nella nuova azienda o di disimpegnarsi fin da subito. La prima impressione è infatti quella che conta, anche nel mondo del lavoro. Durante questi primi giorni le aziende hanno a disposizione una fondamentale finestra di imprinting attraverso la quale modellare il rapporto con i dipendenti, ed è sulla base di questa prima relazione che si evolverà il rapporto dei mesi e degli anni a venire con l’azienda. La differenza tra un onboarding fatto bene e uno fatto male è chiara: nel primo caso si avrà probabilmente a che fare con una scrivania occupata per anni, mentre nel secondo caso, tendenzialmente, si avrà a che fare con una scrivania libera di lì a poco, e quindi con nuovi costi per il processo di ricerca e di selezione del personale, nonché per quello di inserimento.

Sull’importanza della Employee Onboarding Experience, dunque, c’è ben poco da discutere, è un fatto noto. Il problema è che ci sono tantissime aziende che, ciononostante, continuano a prendere sottogamba l’inserimento dei nuovi dipendenti, spendendo poche energie e poco tempo per accompagnare adeguatamente i nuovi assunti all’interno dell’organizzazione. Uno studio di Gallup dimostra, per esempio, che solamente il 12% dei dipendenti è convinto che la loro azienda abbia fatto un buon lavoro per quanto riguarda l’onboarding.

Perché migliorare il processo di inserimento dei nuovi dipendenti

Perché impegnarsi per migliorare il processo di inserimento dei nuovi dipendenti? È una questione matematica e quindi un concetto che si può tradurre in numeri, o meglio, in denaro sonante. Migliorare l’ Employee Onboarding Experience significa ridurre in modo significativo il turnover. Sì, ridurre i processi di ricerca e selezione del personale è un obiettivo che tutte le aziende dovrebbero tenere come priorità, per non lasciarsi scappare capacità e competenze, per mantenere all’interno il proprio know-how, e per risparmiare. Sì, perché in media il costo del rimpiazzo di un dipendente si situa tra il 90% e il 200% del suo salario annuale. A conti fatti, vale davvero la pena investire energie e tempo nei primi giorni di assunzione, assicurando ai nuovi dipendenti un inserimento ottimale. Una ricerca Glassdor ci dice che un buon processo di onboarding può migliorare la retention dei talenti dell’82%, nonché aumentare la produttività di oltre il 70%.

Come migliorare la tua Employee Onboarding Experience?

Fino ad adesso abbiamo visto perché è bene investire tempo ed energie nel processo di inserimento dei nuovi dipendenti. Ora vediamo come migliorare concretamente questo passaggio. Di cosa hanno bisogno i lavoratori nel momento in cui vengono assunti? Semplificando al massimo, possiamo ridurre il tutto in due desideri principali: i lavoratori desiderando imparare in fretta come fare il proprio lavoro al meglio e desiderando essere coinvolti il prima possibile nell’azienda, riducendo al minimo il periodo in cui vengono visti e approcciati come “nuovi assunti”.

Stando a uno studio di BambooHR, realizzato a partire da oltre 1.000 interviste fatte a dei lavoratori statunitensi, il 31% delle persone aveva lasciato un lavoro nei primi 6 mesi; in questa fetta, il 68% lo aveva fatto nei primi 3 mesi dall’assunzione. Per una buona fetta di intervistati, i primi 3 mesi all’interno di un’organizzazione sono quelli maggiormente delicati. È infatti in queste prime settimane che le nuove leve imparano come fare il proprio lavoro, come si muove l’attività nel suo insieme, come inserirsi nel proprio team, quali sono i punti cardinali della cultura aziendale e via dicendo.

Si tratta insomma di esigenze che non possono considerarsi soddisfatte in pochi giorni: da qui si capisce che gli sforzi relativi all’Employee Onboarding Experience devono essere dipanati su più settimane, per avere la certezza che i neo-assunti non possano riconsiderare la propria scelta di lavorare in quell’azienda. Dati alla mano, infatti, ci sono 3 ragioni principali per le quali i nuovi assunti decidono di lasciare il lavoro nei primi 6 mesi:

  • Nel 23% dei casi, per un cattivo rapporto con il datore di lavoro;
  • Nel 26% dei casi, perché il lavoro effettivo è diverso rispetto a quello che era stato descritto durante il processo di selezione;
  • Nel 28% dei casi, perché si decide che quella è un’attività che non si desidera fare.

Il compito dell’azienda è quindi quello di accompagnare e rassicurare i dipendenti, dimostrando che la loro scelta è stata esatta. Se intervistati, i lavoratori insoddisfatti del processo di inserimento affermano anche che avrebbero desiderato delle linee guida più chiare, un periodo di training più strutturato, nonché un migliore rapporto con i colleghi. É fondamentale quindi spiegare ai nuovi assunti tutte quelle che sono le loro responsabilità, nonché cosa ci si aspetta e aspetterà da loro, creando un percorso di inserimento chiaro e trasparente: in questo modo si riuscirà peraltro a mantenere alto il livello di entusiasmo creatosi durante il processo di selezione del personale.

Quali sarebbero nello specifico gli elementi più importanti per i nuovi assunti?

  • Il 76% cita l’on-the-job training;
  • Il 73% cita le linee guida sulle policy aziendali riguardanti dress code, pause e quant’altro;
  • Il 59% parla di una spiegazione delle procedure amministrative, a partire da una visita della struttura;
  • Il 56% indica l’importanza dell’assegnazione di un mentore o di un collega a cui fare riferimento.

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