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Bugie nel curriculum vitae: ecco perché sono pericolose

Inserire bugie nel curriculum vitae è ancora oggi, purtroppo, un’abitudine piuttosto diffusa. Non è quindi raro per un cacciatore di teste ritrovarsi tra le mani un cv in cui sono presenti delle bugie oppure, come minimo, delle esagerazioni. E questo nonostante le agenzie di ricerca e selezione del personale continuino da anni a sottolineare quanto sia pericoloso inserire bugie nel curriculum vitae, per il semplice fatto che – è proprio il caso di dirlo – le menzogne nel campo del recruiting hanno le gambe molto corte. Vediamo quindi quali sono le bugie più comuni tra i candidati, e vediamo a quali rischi si va incontro mentendo nel proprio cv.

Bugie nel curriculum vitae: le più comuni

Partiamo con il dire che ci sono diversi tipi di bugie che si possono trovare all’interno dei curricula. Ci sono quelle che possono essere definite come semplici esagerazioni, con il candidato che tende ad aumentare il livello di una conoscenza effettivamente posseduta, ma non fino al livello indicato. Altre volte invece si ha a che fare con vere e proprie falsificazioni della propria carriera lavorativa. In questi casi il candidato inserisce nel curriculum vitae elementi che non hanno alcun contatto con la realtà: si pensi al titolo di studio in realtà mai conseguito.
E proprio quest’ultima è una tra le bugie più presenti nei curricula. Non di rado delle persone che magari hanno frequentato uno o due anni di università, senza arrivare alla laurea, decidono comunque di inserire questo titolo nel proprio cv. Ancora più diffusa è la menzogna relativa al livello di conoscenza di una o più lingue straniere, indicata magari come fluente lì dove invece alla prova dei fatti è di livello molto più basso.
E ancora, tra le più frequenti bugie nel curriculum vitae del candidato impostore ci sono quelle relative alla posizione precedente, che viene gonfiata con l’invenzione di mai avvenute promozioni, nonché quelle relative agli hobby, con una lunga schiera di candidati che si presentano come dediti al volontariato e grandi sportivi, quando alla prova dei fatti nessuna delle due attività viene effettivamente concretizzata.

Le verifiche dei recruiter

Il problema è che il recruiter professionista sa già in partenza che non tutti i candidati dicono la verità. Chi analizza i curriculum vitae è per esperienza già portato a mettere in conto la presenza di alcune bugie o di alcune esagerazioni all’interno di un plico di cv. Di conseguenza, sa già come individuare le menzogne in tempi piuttosto brevi. Gli head hunter del mondo anglosassone chiamano questa attività “Employment History Verification”. Ma come si svolgono le analisi dei selezionatori alla ricerca di bugie? In realtà, come si diceva, buona parte delle bugie hanno gambe molto corte. A volte è sufficiente dare una controllata online per individuare delle bugie presenti nel cv, scorrendo i profili social del candidato. Altre volte, magari per controllare qual era la reale posizione precedente – o i motivi della cessazione del rapporto di lavoro – bastano pochi secondi per contattare telefonicamente l’ex datore di lavoro, o un ex collega. In caso di posizioni particolarmente prestigiose il selezionatore potrebbe anche andare a verificare i singoli titoli di studio – in caso di dubbi – per avere l’assoluta certezza di non fare dei buchi nell’acqua. Va poi detto che altre bugie possono essere individuate facilmente durante l’eventuale colloquio di lavoro, con il cacciatore di teste esperto che, dopo aver valutato il linguaggio del corpo del candidato, potrà chiedere resoconti dettagliati delle esperienze passate o mettere alla prova determinate competenze dichiarate.

Cosa si rischia?

Si è detto che inserire delle bugie nel curriculum vitae è pericoloso. Ma cosa si rischia nel concreto? Possiamo dividere le conseguenze dell’inserimento di menzogne nel cv in due grandi gruppi. In primo luogo ci sono le conseguenze più probabili, ovvero quelle squisitamente relative alla sfera lavorativa; in secondo luogo ci sono invece le conseguenze meno probabili, ma pur sempre presenti, relative alla sfera legale. Partiamo con le prime!

Bugie nel curriculum vitae: le conseguenze a livello professionale

Non ci sono dubbi: nel momento in cui, durante un processo di ricerca e di selezione del personale, un recruiter individua delle bugie all’interno di un cv, quel candidato perde irrimediabilmente un sacco di punti. Molto difficilmente, di conseguenza, quella candidatura potrà essere tenuta in considerazione per quella specifica mansione. Questo è però il meno. Va infatti detto che in quel modo, con tutta probabilità, ci si sono in realtà bruciate svariate occasioni lavorative. Nel caso del cv inviato direttamente all’azienda, probabilmente si saranno eliminate tutte le possibilità di poter essere presi in considerazione in futuro da quello stesso datore di lavoro; nel caso di cv inviato a un’agenzia di selezione del personale o a un cacciatore di teste, invece, si avrà la certezza di essere bollato come “impostore” per una lunga serie di ricerche di talenti.

Mentire nel cv: i rischi a livello legale

Cosa si rischia a livello legale mentendo all’interno del proprio cv? Esistono forse delle sanzioni o delle pene per il candidato che viene colto a inserire bugie nel proprio curriculum vitae? In linea di massima, guardando a quello accade normalmente, il candidato che mente nel proprio cv e che viene colto in fallo dal selezionatore viene semplicemente bollato come “impostore” nel database dell’agenzia, senza avere guai a livello legale. Ma non è sempre così. Nel caso di una candidatura presso una pubblica amministrazione, infatti, il candidato che mente potrebbe andare incontro a una denuncia per falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico. Stando alla Corte di Cassazione tale reato di falsificazione potrebbe condurre a una reclusione fino a due anni.
E se invece la bugia venisse scoperta dopo l’assunzione? In quel caso l’azienda potrebbe chiedere i danni. Pensiamo a un’azienda che, dopo alcuni anni, scopre di aver assunto un candidato che si spacciava per laureato, pur non avendo nessun titolo di quel tipo: in un caso come questo potrebbe essere richiesto un risarcimento completo di tutti gli stipendi ingiustamente percepiti dal dipendente, come risarcimento per i danni subiti dall’azienda.

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